Non abbiamo mai conosciuto ottimi professionisti che non fossero prima ottime persone

Venerdì si è concluso un training intenso, ricco e anche speciale (grazie alla collaborazione con gli ex colleghi canadesi) di Leadership, dal sottotitolo ‘Non abbiamo mai conosciuto ottimi professionisti che non fossero prima ottime persone’.  

L’appuntamento fisso in ogni giornata di training è quello della condivisione della propria pratica, dei propri successi. Venerdì una partecipante, a conclusione della sua presentazione, ha regalato a tutti noi un foglio dal titolo: 26 cose su cui abbiamo il pieno controllo (di Andrea Giuliodori).

‘In un mondo che va sempre più veloce ed è attraversato da una crescente irrequietezza politica, economica, sociale ed ecologica, il rischio di sentirsi in balìa degli eventi è molto forte.

Possiamo però ricordare che, anche nei momenti di maggior tempesta, esiste sempre una nostra sfera del controllo, ovvero l’insieme di quelle decisioni e azioni su cui abbiamo il pieno dominio.

  1. L’impegno che ci metti.
  2. Il tuo atteggiamento.
  3. Il modo in cui reagisci ai tuoi pensieri.
  4. Le azioni che compi.
  5. La tua integrità.
  6. La gentilezza che dimostri.
  7. L’educazione con cui ti comporti.
  8. Le parole che pronunci.
  9. Le parole che scrivi.
  10. Il cibo che mangi.
  11. Le bevande che bevi.
  12. I prodotti che compri.
  13. I libri che leggi.
  14. I programmi TV che guardi.
  15. I profili e le pagine social che segui.
  16. Il tuo livello di formazione.
  17. Le cattive abitudini che non abbandoni.
  18. Le buone abitudini che scegli di instaurare.
  19. Gli amici che scegli.
  20. Il tipo di amico che scegli di essere.
  21. L’amore che dai.
  22. L’ordine con cui tieni i tuoi spazi.
  23. I soldi che spendi.
  24. I soldi che risparmi.
  25. I soldi che investi.
  26. Il tempo che sprechi.

Non possiamo controllare tutto, ma tutto ciò che possiamo controllare può fare tutta la differenza.’

Ringrazio Barbara e tutti i partecipanti dei corsi che condividono successi, entusiasmo e anche fatiche, insuccessi e critiche: imparo molto dalla loro esperienza e torno a casa più ricca!

Hai mai dedicato del tempo a interessarti personalmente a un tuo collaboratore? Ogni quanto?

‘Nel mio percorso professionale ho avuto la prova che, per arrivare ad avere un rapporto sincero e costruttivo con un collaboratore, occorre interessarsi davvero a lui (o lei). Sembra scontato, ma non è facile per niente, vista la moltitudine di attività che tocca svolgere durante una giornata.

La reciproca fiducia si ottiene quando entrambi – il team leader e il singolo componente della squadra – riescono ad aprirsi, a parlare di se stessi, a condividere le esperienze. Un manager che guarda lontano e intende costruire una solida rete intorno a sé, non dovrà sentirsi a disagio nel mostrare i propri punti di forza e le sue debolezze.

Conoscere le passioni dei tuoi uomini e delle tue donne, capire quali siano state le loro esperienze positive e negative, è un punto di partenza necessario per aiutare il tuo team a crescere e ottenere risultati. Se penserai solo a te stesso, se nella relazione con il gruppo ti metterai naturalmente al centro dell’attenzione, è facile che duplicherai quell’atteggiamento. Ecco allora che i tuoi collaboratori si comporteranno allo stesso modo con i vostri clienti, con i fornitori e i partner. Di fatto, ti prenderanno a modello pensando che quello stile di leadership sia vincente. E invece di ascoltare i clienti, si metteranno a fare un bel comizio sulle proprie doti personali!

Per evitare allora di duplicare atteggiamenti negativi per il vostro… fatturato, utilizza i momenti di pausa – un caffè, un aperitivo, qualche evento fuori dal solito contesto – per conoscere meglio le tue persone e capire in che modo poter entrare in sintonia con loro. Non puoi neanche immaginare le rivelazioni positive, sfumature che di solito nel corso della giornata di lavoro (tra la frenesia del fare e il focus sui risultati) sfuggono. Ricorda che dietro a ogni persona c’è una storia. Equella storia può essere responsabile dei comportamenti positivi o negativi delle persone.

Fai in modo che a loro volta imparino a entrare in rapport[1] con gli altri. Qualche risata extra non ha mai fatto male allo spirito di un gruppo, anzi! Soprattutto perché all’interno del perimetro lavorativo molti – per cultura o per insicurezza – tendono a restare confinati nel proprio personaggio, mantenendo nascosti i tratti naturali e le caratteristiche legate al proprio talento. Alcuni si chiudono per difesa (magari reduci da esperienze negative) o per carattere, altri invece per soddisfare il bisogno di importanza, ergendosi su un piedistallo con un aplomb decisamente fuori contesto, senza rendersi conto che il personal branding più efficace di se stessi è quello basato sulla capacità di entrare in rapport con gli altri.

È importante che tu conosca un po’ meglio i collaboratori, anche dal punto di vista personale. Chi sono veramente, qual è la loro storia di vita, cos’hanno fatto prima di lavorare con te, se hanno famiglia, figli… Ciò non significa diventare tutti dei grandi «amiconi», niente di più sbagliato. Anzi, nei rari casi in cui diventerai amico di un collaboratore, fai attenzione a gestire tutto per il meglio, altrimenti rischi di fare solo grandi danni. Ciò che intendo è di entrare in rapporto personale, possibilmente anche in contesti esterni all’ambiente di lavoro. In questo modo capirai veramente chi hai di fronte. E questo ti aiuterà a dare fiducia, a trovare le leve giuste per far crescere quella persona al meglio’.

Tratto da: Daniela Bonetti, 2019, Team leader – Mentalità, caratteristiche e strumenti per far crescere reti di persone collaborative, motivate ed efficienti, Mondadori, Milano, pp.119-121, traduttore Erica Magnaghi.


[1] Il rapport è qualcosa che avviene prima di cominciare a parlare, a livello inconscio. Quando ti trovi a tuo agio proprio con quella persona, le componenti di questa magia sono date appunto da alcune “similitudini” che hanno a che vedere con la fisiologia