Cosa comunichiamo? Come lo facciamo?

Sempre più si enfatizza l’importanza della comunicazione. Cosa è la comunicazione? Cosa significa comunicare? Perché comunicare? Già Dale Carnegie negli anni ’30 evidenziò che la realizzazione personale, sia nella sfera lavorativa  sia in quella privata, dipende in larga misura dalla nostra capacità di comunicare con chiarezza chi siamo, che cosa desideriamo, in cosa crediamo.

Tutti noi abbiamo sentito che la comunicazione tra due persone è costituita da tre parti: verbale (7%), non verbale (55%), paraverbale (38%). Questa formula fu pubblicata nel 1968 da Albert Mehrabian su Psychology Today Magazine.

Cosa significa? Come possiamo usare questo dato scientifico concretamente?

Comunicazione verbale (7%). Abbiamo mai prestato veramente attenzione alle parole che usiamo quando parliamo con un’altra persona? Potremmo sfidare noi stessi quest’oggi ed ascoltarci. E a fine giornata fare un resoconto: quante parole ambigue, parole con connotazione negativa, parole con connotazione positiva abbiamo usato?

Tante volte abbiamo ascoltato frasi, anche in ambito personale, che ‘chiudono’, come: ‘non hai capito’, ‘non è vero’, ‘mai’. Come ci sentiamo quando ci vengono rivolte queste parole?
Come vorremmo sentirci, invece? Ogni essere umano ha bisogno di essere ascoltato, compreso e appoggiato nelle sue aspettative ed esigenze. Noi abbiamo la scelta di trasformare queste frasi. Ad esempio, da ‘non hai capito’ a ‘non mi sono spiegato’; da ‘non è vero’ a ‘è vero anche’; da ‘mai’ a ‘certe volte’.
C’è un video che riassume in modo brillante il potere delle parole: https://www.youtube.com/watch?v=_IQ9zGENVO0

Comunicazione para-verbale (38%). Si intende il tono, il volume della voce e il ritmo delle parole.
Cosa comunica il tono della voce? Leggiamo questa frase: ‘Sarebbe utile che mi inviasse la email prima della fine della settimana’. Ora accentuiamo in modo differente le parole evidenziate in grassetto: ‘Sarebbe utile che mi inviasse la email prima del fine settimana’, ‘Sarebbe utile che mi inviasse la email prima del fine settimana’ ‘Sarebbe utile che mi inviasse la email prima del fine settimana’, ‘Sarebbe utile che mi inviasse la email prima del fine settimana’. Cosa cambia? Che effetto produce sulla persona che ci ascolta il tono, il dare enfasi alle parole anche con il volume? In una comunicazione quotidiana una scelta vincente è quella di adeguare inizialmente il nostro tono e volume con quelli dell’interlocutore, e poi ‘guidare’ l’altro al nostro, con leggeri cambiamenti.
Saper adattare il nostro ritmo delle parole al ritmo dell’interlocutore mostra la nostra empatia, una caratteristica della nostra intelligenza emotiva.

Comunicazione non verbale (55%). Si intende gesti, espressione e prossemica.
Quante volte ci hanno detto di non incrociare le braccia mentre parliamo perché questo mostra la nostra chiusura nei confronti dell’altro? È vero? Quanti di noi lo fanno perché in realtà si sentono a loro agio?
La domanda che forse sarebbe meglio porsi, è: cosa percepisce l’altro se, quando parliamo con lui/lei, noi abbiamo le braccia conserte? È il miglior modo di far comunicare il nostro corpo?
Al contrario di quanto afferma la saggezza popolare, non esiste un singolo segno del corpo che ci aiuta a scoprire l’inaffidabilità dell’altro. Piuttosto è necessario cercare quattro indizi insieme per prevedere con maggiore precisione se qualcuno è degno di fiducia o meno. Alcuni studiosi del MIT e di Cornell, guidati da David DeSteno, hanno scoperto che scostarsi dall’altro + toccarsi le mani + accarezzarsi il mento + incrociare le braccia sono indicatori di non affidabilità, detta in altre parole, l’altra persona non si fida di colui/colei che mostra questi segnali, si aspetta di essere ‘tradita’.

Quando sorridiamo mentre comunichiamo, cosa avviene? L’altro, tendenzialmente, come ci risponde?
Secondo Alicia Grandey e i suoi colleghi, il modo con cui si sorride ha un effetto positivo sul prossimo. La studiosa ha analizzato la relazione tra sorriso di colei-colui che lavora alla reception e soddisfazione del cliente. Ha scoperto che: c’è maggiore soddisfazione del cliente quando l’addetto-a al ricevimento sorride perché svolge con sollecitudine il suo compito (rispetto al sorriso, percepito dal cliente meno autentico, di quando l’addetto-a svolge con svogliatezza il compito).
In altre parole, il sorriso autentico porta maggiore soddisfazione nell’altro.
Immaginiamo, ora, di essere seduti in uno scompartimento sul treno. È probabile che compiamo atti per dissuadere altri ad entrare o a sedersi vicino a noi: ad esempio, mettendoci in piedi e rovistare nei bagagli sulle cappelliere proprio al momento in cui il treno sosta nelle stazioni, oppure disseminando borse e valigie su tutti i posti disponibili. Perché? Vogliamo preservare il nostro spazio vitale o prossemico, cioè la nostra bolla di sapone che ci avvolge (la distanza in base a cui l’uomo regola i rapporti interpersonali). Nella cultura italiana la bolla si estende in ogni direzione per circa 70 cm. – 1 metro. Ogni tentativo di entrare nella bolla, provoca una pressione che viene avvertita come fastidiosa o sgradevole. Noi come ci comportiamo con le bolle degli altri? Ne abbiamo cura?

Cosa possiamo fare da domani? Prestiamo attenzione a questi componenti della nostra comunicazione.
Il primo passo per comunicare meglio è ascoltarci e osservarci!

 

Spunti tratti da:

DeSteno, D. (2014). Who Can You Trust?. Harvard Business Review, 92(3), 112-115.

Grandey, A. A., Fisk, G. M., Mattila, A. S., Jansen, K. J., & Sideman, L. A. (2005). Is “service with a smile” enough? Authenticity of positive displays during service encounters. Organizational Behavior and Human Decision Processes, 96(1), 38-55

 

Il prossimo blog: “Non c’è una seconda occasione per fare una buona prima impressione” (Oscar Wilde).

 

Autore: Emanuela Chemolli

Emanuela dott.ssa Chemolli, Ph.D. Ha conseguito un dottorato in Psicologia delle Organizzazioni presso l’Università di Verona in collaborazione con Concordia University, John Molson School of Business (Montreal, Canada), un master in Marketing Management Territoriale (Accademia del Commercio e Turismo, Trento) e una laurea in Scienze dell’Educazione, Esperto nei processi formativi (Università di Verona). Ha esperienze lavorative sia nazionali (come trainer comportamentale, ricercatore, consulente aziendale) sia internazionali (ricercatore presso Concordia University, John Molson School of Business – Montreal, Canada; professore universitario presso il Dipartimento di Management e Imprenditorialità, Sawyer Business School, Suffolk University, Boston, USA). Membro della prestigiosa Society for Industrial and Organizational Psychology dal 2010, è esperta di motivazione al lavoro e i suoi argomenti, sviluppati sotto forma di training, consulenza e ricerca sono: Migliorare i risultati personali e aziendali attraverso programmi ad hoc inerenti a leadership e motivazione,essere manager oggi, benessere organizzativo, comunicazione (e disinformazione), felicità, stress lavoro correlato, sviluppo dei talenti e condivisione delle conoscenze, sviluppo dei team.

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